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Basilica di San Paolo Maggiore

Napoli città di intrecci. Intrecci di miti, intrecci di storie, intrecci di strade che si fondono nella chiesa di San Paolo Maggiore. Tutto a Napoli è collegato e sembra quasi che Napoli sia collegata con tutto. Ogni suo luogo non racconta una storia, ne racconta cento. Ciò accade proprio perché a Napoli niente nasce dal nuovo, tutto nasce su qualcosa che già esisteva. E’ proprio questo che rende la nostra città così peculiare, un continuo intreccio di epoche lontane, ma in realtà sempre vicine.

Oggi Napoli risulta profondamente mutata, quindi i resti della città greco-romana sono stati sapientemente occultati dal tempo, ma fino a qualche secolo fa molti templi e molte aree del centro conservavano ancora  il loro status originario.

E’ questo il caso della basilica di San Paolo Maggiore, che affonda le sue radici in un antico passato. La chiesa infatti sorge dove un tempo esisteva un tempio, il tempio dei Dioscuri. Chi erano questi Dioscuri? Erano i mitici fratelli Castore e Polluce, i quali, come suggerisce il nome, erano  figli di Zeus. Il loro culto, nato a Sparta, si diffuse rapidamente in tutta la Magna Grecia, soprattutto perché venivano considerati protettori dei naviganti.

Il tempio probabilmente fu edificato all’epoca della fondazione della città, intorno al V secolo a.C. , mentre sotto Tiberio il culto dei celebri Argonauti si era trasformato in uno di tipo dinastico, fortemente collegato ai membri della famiglia imperiale.

La prima chiesa dedicata a San Paolo fu edificata dietro al pronao del tempio pagano all’incirca tra l’VIII e il IX secolo, per celebrare la vittoria dei napoletani sui Saraceni. Successivamente nel 1538 il Vicerè Don Pedro de Toledo diede in concessione la basilica a Gaetano da Thiene, il quale vi si insediò con i chierici regolari teatini. Solo dopo la morte di Thiene i Teatini iniziarono un’opera di rinnovamento, lavori per i quali si avvicendarono nel tempo rispettivamente: Francesco Grimaldi, Giovan Battista Cavagna e Giovan Giacomo da Conforto.

Nel corso del Seicento la chiesa subì molte alterazioni, ma continuava a mantenere in facciata l’antico pronao del Tempio. Nel 1688 però, a causa di un terremoto, si distrussero tutte le colonne in facciata tranne le due che ancora oggi si possono ammirare. Ciò che rimaneva delle colonne fu utilizzato per decorare varie parti interne della basilica.

La basilica incorpora inoltre altri due edifici religiosi di piccole dimensioni. Uno, il santuario di San Gaetano da Thiene, costituisce il succorpo della basilica, al quale si può accedere dalla base destra della scalinata principale, direttamente da piazza San Gaetano. L’altro è la chiesa del Santissimo Crocifisso detta la Sciabica, alla quale si accede direttamente sotto la base dell’antico tempio romano.

La pianta della basilica è a croce latina a tre navate; Il soffitto della navata centrale, gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, conserva resti degli affreschi di Massimo Stanzione raffiguranti le Storie dei santi Pietro e Paolo e la Vittoria dei napoletani sui Saraceni. All’interno inoltre sono presenti anche molti affreschi di Francesco Solimena.

Adiacenti al complesso sono i due chiostri monumentali. Il chiostro piccolo si trova sul fianco sinistro della basilica ed è caratterizzato da una serie di colonne antiche appartenenti all’originaria chiesa paleocristiana che insisteva nell’area. Secondo una leggenda popolare, si racconta che l’acqua del pozzo, che si trova al centro del chiostro piccolo, fosse la più fresca della città e che i fedeli vi accorressero per dissetarsi. Il chiostro grande invece, alle spalle dell’abside, costituisce l’archivio notarile di Napoli, all’interno del quale si conservano protocolli notarili della città dal XVIII secolo ad oggi.

Gaia Borrelli

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