Print Friendly, PDF & Email

Chiesa Santa Maria di Donnaregina

Santa Maria di Donnaregina. Un nome, due chiese. Eh si, perché appunto le chiese in questione sono due, una Vecchia e una Nuova. Edificate in due periodi completamente diversi ma, in ogni caso, imprescindibilmente connesse.

Sul sito dove oggi sorgono le chiese era già presente un complesso conventuale databile all’VIII secolo. Santa Maria di Donnaregina Vecchia nacque nel XIV secolo, grazie alle donazioni della regina Maria D’Ungheria, in quanto il convento preesistente era stato gravemente danneggiato da un terremoto nel 1293. La chiesa venne ufficialmente aperta nel 1316 e poi consacrata nel 1320. Poco dopo la sua apertura però la sua benefattrice venne a mancare; infatti Maria d’Ungheria morì nel 1323 e fu sepolta all’interno della chiesa, in una tomba monumentale opera di Tino da Camaino.

La chiesa vecchia ha una conformazione molto particolare, sicuramente non canonica per il periodo gotico. Ad essa oggi si accede da via Donnaregina, entrando in un piccolo chiostro, detto dei marmi, risalente al ‘700 e probabilmente opera di Luigi Sanfelice. L’ambiente adiacente all’ingresso è a doppia altezza e lo spazio sottostante risulta illuminato da delle piccole finestre sulla parete sinistra. Inoltre è diviso in tre navate da colonnine ottagonali le quali sorreggono delle volte a crociera. Nell’ambiente soprastante invece c’è il coro, dove sono presenti ancora molti affreschi di epoca medievale. La parte absidale è contariamente a tutta altezza, luminosissima, sempre coperta da volte a crociera affrescate come quelle delle navate, con colori angioini e della casata d’Ungheria.  A sinistra si trova il monumento funebre di Maria D’Ungheria e difronte ad esso si apre l’unica cappella della chiesa, la Cappella Loffredo. Essa si affaccia nella chiesa tramite una bifora e conserva un ciclo di affreschi trecentesco di attribuzione ignota, con evidenti influssi giotteschi e bizantini.

A ridosso del ‘600 però la chiesa vecchia era ormai condannata ad una lenta decadenza. Fu per questo che le monache decisero di commissionare la costruzione di una nuova chiesa. I lavori furono affidati a Giovanni Guarini, sebbene altri pensino che invece il designato fosse Giovan Giacomo da Conforto. Nei lavori di costruzione della nuova fabbrica, l’abside della chiesa nuova invase quasi completamente l’abside della chiesa vecchia. Sulla parete di fondo della nuova inoltre fu commissionato un affresco a Francesco Solimena.

Quando nel 1861 il convento venne soppresso, la chiesa vecchia passò al comune di Napoli. Suddivisa in vari ambienti, divenne sede di uffici delle guardie municipali nel 1864, di una scuola froebeliana nel 1865, di abitazioni provvisorie per i poveri dal 1866 al 1872; ospitò in seguito la Corte d’assise e dal 1878 la commissione municipale per la conservazione dei monumenti. In seguito a una decisione del consiglio municipale vi fu aperto tra il 1892 e il 1902 il “Museo della città” e dal 1899 ospitò la sede dell’Accademia Pontaniana.

Tutti questi cambiamenti di destinazione fecero si che la chiesa arrivasse ai primi del Novecento in uno stato di profondo degrado. La necessità di lavori di restauro per il complesso fu denunciata da molti intellettuali dell’epoca, come Emile Bertaux, uno studioso francese da tempo attento alle condizioni del monumento.  Si decise infine, nel 1928, di affidare il restauro del complesso a Gino Chierici. Chierici in sostanza riporta la chiesa gotica al suo assetto originale ed è qui che arriviamo al punto cruciale.

Per quale motivo quindi la chiesa cammina?

Per riportare la chiesa gotica al suo antico splendore, bisognava liberare l’abside della suddetta dalle mura della chiesa nuova. Infatti Chierici all’inizio pensò che sarebbe stato un lavoro relativamente semplice, visto che in sostanza avrebbe dovuto semplicemente staccare l’affresco del Solimena dalla parete di fondo della chiesa nuova.

Cosa poteva andare storto?

Ci si rese ben presto conto che l’affresco non poteva essere staccato dal muro, perché il Solimena, data l’inesperienza di quell’epoca, aveva dipinto l’affresco con colori a tempera. Pertanto Gino Chierici elaborò un restauro incredibile dal punto di vista tecnico. Difatti considerando il notevole salto di quota tra le due chiese, il Chierici decise di spostare il coro della chiesa nuova, con annesso affresco, tramite l’ausilio di una macchina progettata da lui stesso.

Vennero creati sette muretti alti all’incirca 1 metro sopra i quali vennero adagiati dei binari a c di ferro. Tutta la parete del coro venne imbracata e con l’ausilio di corde e molti operai, nell’arco di diversi mesi, la parete venne spostata come la vediamo oggi.

E’ solo grazie all’intervento di questo eccezionale personaggio che noi oggi possiamo ammirare le due chiese scisse e soprattutto possiamo ancora godere della magnificenza gotica della chiesa di Donnaregina Vecchia. Un vero e proprio gioiello del centro storico.

Gaia Borrelli

Diventa un sostenitore!

Storie di Napoli è il più grande ed autorevole sito web di promozione della regione Campania. È gestito in totale autonomia da giovani professionisti del territorio: contribuisci anche tu alla crescita del progetto. Per te, con un piccolo contributo, ci saranno numerosissimi vantaggi: tessera di Storie Campane, libri e magazine gratis e inviti ad eventi esclusivi!

  1. Avatar Brunello de Luxe
    Brunello de Luxe

    Complimenti per l’articolo ,molto dettagliato e ben scritto, oltre ad essere un’importante testimonianza del fatto che nel 1928 non esistesse ancora la Soprintendenza ai beni architettonici.Altrimenti con il cavolo che gliela facevano spostare la Chiesa a Gino Chierici:starebbero ancora a discutere sul rilascio delle autorizzazioni 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *